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Fabrizia dintorni … arte, cultura, natura e società
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Fabrizia e dintorni … arte, cultura, natura e società


Briglia Allaro

Ferriere Mongiana

Panorama Cellia-Ionio

Ferriere Mongiana

Panorama Mellaria-La Supa

Entrata La Cavalera

Centro storico

Fabrizia e dintorni … arte, cultura, natura e società

Paesaggio
E’ il versante orientale delle Serre che annovera gli aspetti più tipicamente “sublimi” (il riferimento è, ovviamente, alla categoria estetica) del paesaggio montano, qui rappresentato dal tratto mediano delle gole dell’Allaro, in territorio di Nardodipace. Dopo il placido scorrere tra le foreste e le praterie di Mongiana e di Fabrizia (ove, peraltro, si conservano due monumentali nuclei di castagni plurisecolari, a Fornaci ed a Lu Serro), l’alveo dell’Allaro ‘incassa profondamente in un vero e proprio budello di roccia che si diparte dagli antichi abitati di Nardodipace Vecchio e Ragonà (sulle opposte sponde della valle) per serpeggiare poi sino alla costa ionica. E’ il regno del tenebroso e del pittoresco: l’erosione fluviale ha scavato tra le opposte pendici dei monti un vero e proprio canyon, impreziosito di cascate fragorose, rapide spumeggianti, pozze smeraldine, cumuli di massi ciclopici. Sulle pendici meno aderte, ma inevitabilmente scoscese, sono riusciti a ricavare minuscoli terrazzamenti, le cosiddette “rasule”, sostenute da precari muretti a secco, chiamati “armacere”. Grumi sparsi di case terrose si avvinghiano ad instabili costoni di roccia, a testimoniare un antico legame tra gli uomini e i luoghi. Mentre misteriosi e monumentali cumuli di grano-dioriti (le cosiddette “pietre incastiddate”) svettano dal suolo in vari punti, dando vita ad un’aspra contesa scientifica tra chi ritiene che si tratti coli di bizzarre formazioni geologiche e chi ipotizza invece che si sia di fronte a veri e propri dolmen dovuti ad un’antica civiltà mediterranea.
Scrive, a proposito di questo territorio, il giornalista e narratore calabrese Sharo Gambino nel 1965, con uno sguardo interno più antropologico che estetico, al paesaggio: “Elci, brughiere, felci, ginestre e, qua e là, uno sull’altro che par di vedere scale appoggiate alla montagna, brevi terrazzi coltivati tenuti su da muretti di sassi cementati dall’erba (l’autore si riferisce proprio agli orti terrazzati di Nardodipace). Ogni tanto uno squarcio enorme, una gran colata biancastra, una frana, ché il fiume, il quale corre tortuoso nella vallata bianco di spuma e verde di profondità, corrode giorno per giorno, poi, quando piove a torrenti, s’ingrossa e viene giù a rovina. Chi andò per primo a costruire una casa, in quel posto, doveva essere un santo o fors’anche un ricercato dalla legge. Un altro non avrebbe dato principio a quella vita che più disgraziata non potrebbe essere”.
Mentre non sfugge il fascino tenebroso di questi luoghi ad un osservatore esterno … Craufurd Tait Ramage … il quale nel 1928 risale dalla costa ionica alla volta di Mongiana: “Mi accinsi quindi all’ascesa della catena montuosa rivestita di maestose querce, di faggi e di lugubri abeti che avevano sfidato le bufere di molti inverni. Ad ogni passo scoprivo le bellezze nuove e posavo gli occhi su nuovi oggetti capaci di suscitare ammirazione. Vi era qualcosa di tanto selvaggio e di tanto tenebroso in quelle montagne, dai boschi fitti ed oscuri, da soggiogare la mente. Tutto era silenzioso, solo in lontananza si udiva, di tanto in tanto, il frastuono di qualche cascata o il gemito sommesso della brezza attraverso quell’antica foresta. Alle volte il grido penetrante di un’aquila risuonava nell’aria attonita o qualche capretta selvatica guizzava via per raggiungere la tana segreta. Ho appreso in seguito che quei boschi erano densamente popolati di volpi, di donnole, puzzole e scoiattoli, e che vi erano pure dei lupi qua e là (Francesco Bevilacqua, Paesaggio e natura, Le Serre).
A Fabrizia, suo paese d’origine, il Provveditore agli Studi Serafino Maiolo ha ambientato i suoi romanzi Ciaramaca e C’è ancora una stella. Fabrizia, la sua storia civile ed umana, i personaggi che lì vivono, i problemi derivati dalle alluvioni della fiumara Allaro, che affliggono e condizionano la povera gente, è alla base dei due romanzi (Sharo Gambino, Scrittori, poeti e Saggisti).
Allaro
(da Nardodipace, Guida naturalistica, storia, artistica, di Francesco Bevilacqua, Alessandro Guerricchio, Antonio Cavallaro, Ed. Cittàcalabriaedizioni)
A monte del ponte tra Nardodipace Vecchio e Ragonà (dal vocabolo dialettale ragunìa con il quale si indica lo smilace, una liana sempreverde tipica della macchia mediterranea, l’allaro, pur scorrendo in un alveo roccioso, si presenta piano ed abbastanza placido (facile e remunerativa la risalita, con possibilità di divertenti bagni nelle frequenti pozze). Al di sotto del ponte, invece, dopo un tratto accompagnato da fitte ali di vegetazione ad ontani neri e salici, il fiume da vita ad una ripetuta serie di strettoie, con piccoli salti e rapide. Finché a tre ore buone di cammino, si para dinnanzi un formidabile canyon, con cascate fragorose (insuperabili senza attrezzatura alpinistica) e bui budelli di roccia. Il canyon, in assoluto uno dei più spettacolari dell’intera regione e forse dell’Appennino meridionale, prosegue per un altro paio di chilometri sino a riallargarsi del greto e, dopo un altro tratto, a sbucare sulla pianura costiera nel punto in cui è il monastero di Sant’Ilario, in territorio di Caulonia.
Ma la valle dell’Allaro aveva in passato un’enorme importanza come via di comunicazione, perché dai suoi fianchi si sviluppavano alcuni dei principali sentieri che collegavano i due piccoli centri con i dintorni: da Nardodipace Vecchio un sentiero scendeva al Monastero di Sant’Ilario, slla sinistra idrografica della valle, passando per Dedera e per Santo Todaro (a Sant’Ilario si svolgeva una fiera dove gli abitanti della montagna vendevano essenzialmente castagne e patate approvvigionandosi a loro volta, dai forestieri, di olio e sale); da Ragonà, un altro sentiero, questa volta sulla destra idrografica della valle, scendeva sempre a Sant’Ilario passando per Salincriti (da lì si andava anche a Caulonia); da entrambi i centri, sentieri risalivano la valle consentendo di raggiungere Fabrizia.

(tratto da La Fonte di Mnemosine, Ed. Cittacalabriaedizioni, Rubettino, 2007) wbm. M.Cirillo

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