Partiamo dal titolo, “Lì, all'ombra delle pietre accastellate”, sono i megaliti di Nardodipace, sono blocchi di granito del peso di 200 tonnellate, appartenenti sembra ad un'antica civiltà tra l'età del bronzo e quella del ferro nel periodo neolitico. Taluni ammassi granitici sono arricchiti dalla presenza di pittogrammi. Il sito delle pietre è indicato anche con il nome di Stonehenge.
I megaliti di Nardodipace forse sono stati realizzati per difendere un popolo o forse piu' probabilmente avevano una funzione sacrale e sepolcrale. Un'altra teoria è che questi luoghi erano abitati da popoli all'avanguardia, dove venivano studiati gli elementi celesti. La leggenda vuole che le pietre fossero centro di rituali magici. Nel romanzo non mancano i riferimenti di carattere scientifico – antropologico di studiosi conterranei quali : Vito Teti, Lombardi- Satriani e Domenico Raso.
Ma ora torniamo all'opera, prima della narrazione vera e propria, l'autrice inserisce una poesia dedicata al Monte Pecoraro. Vi leggo la prima strofa.
“Governasti le mie notti,
oh Pecoraro.
Ti guardai e sempre ti ammirai
Oh mio compagno.
Dondolasti i miei pensieri
E ti sognai”.
Questo stupendo panorama accompagna l'autrice fin dalla nascita. Monte Pecoraro è maestoso e misterioso, ed è sempre lì sullo sfondo, onnipresente nella vita degli abitanti di Nardodipace e dei paesi limitrofi. D'altronde, la montagna ha sempre affascinato gli uomini di tutti i tempi perché in essa c'è qualcosa di sacro. Non a caso, il Tempio di Apollo a Delfi sorge ai piedi del Monte Parnaso e, non a caso, San Brunone di Colonia nel 1084 fonda l'ordine certosino proprio a Serra San Bruno, paese circondato dalle montagne. Questo tanto per citare due esempi. Monte Pecoraro, Nardodipace, Ciano, il sito dei megaliti o delle pietre accastellate, dette pure le “Pietre del Signore” o “Tomba degli Avi”, sono questi i luoghi in cui si svolge l'azione. Il tempo è quello presente, dopo la scoperta dei megaliti.
Il luogo d'ambientazione, inteso come territorio, non rappresenta un semplice sfondo, bensì è un elemento determinante su cui si sviluppa tutta la narrazione. La rappresentazione del posto è solo in apparenza realistica. L'autrice ha una tale bravura che il lettore, lentamente, assiste alla trasfigurazione del luogo medesimo. Esso appare magico, sacro – in cui sembra esserci qualcosa di soprannaturale. La scrittrice rivista questi luoghi arricchendoli con la sua sensibilità e il profondo amore verso la sua terra.
La storia inizia, in medias res, con delle osservazioni fatte da Angelo Prinzi al prof. Morin, in merito alla globalizzazione, durante un Convegno sui megaliti. Angelo, vive in Toscana, ma ama a tal punto il suo paese che non vorrebbe che esso venisse strumentalizzato dalla presenza dei mass -media, anche se, non gli dispiacerebbe se Nardodipace fosse riconosciuto come luogo di miti ed antichità. Infatti lui definisce Nardodipace “Il guardiano naturale di Monte Pecoraro – bellissima metafora - che sottolinea l'importanza del paese.
Il tema centrale dell'opera è la ricerca spasmodica fatta da Marta Carlizzi per conoscere le proprie origini. E' lei il personaggio principale. Marta vive a Torino e fa il medico. La parentesi sulla sua crisi matrimoniale con il prof. Alfred Tolner, unico grande amore della sua vita, viene sapientemente introdotta dall'autrice attraverso l'espediente narrativo del flashback .
Marta è nata a Ciano per un puro caso. Il padre, maestro originario di Reggio Calabria, aveva avuto un incarico temporaneo in una scuola elementare di quella zona. Appena la protagonista scopre che c'è un Convegno sui megaliti a Nardodipace, avverte una strana trepidazione, delle sensazioni irrazionali, che la spingono a partire ed incontrarsi con il suo passato.
Nel compiere questo viaggio verso la terra dove è nata, incontra vecchi e nuovi amici tra cui Angelo Prinzi, Franco Moreno, Alfredo e la suocera di lui – Antonina. Antonina le narra la strana storia di un'ostetrica, venuta da Padula, vissuta per poco tempo a Nardodipace per poi far perdere le proprie tracce. E' questo l'inizio del mistero che pervade il racconto. Questa digressione è importante perché anticipa al lettore notizie necessarie per capire meglio il proseguimento della storia.
Marta sente di far parte di questo paese che considera il suo ignoto. Intorno alla protagonista ruotano diversi personaggi. Colui che l'accompagna nella riscoperta delle proprie radici è Alfredo, l'organizzatore del convegno. Tramite Alfredo, Marta conosce Livio, il padre di lui. Livio, personaggio cardine, è “il depositario della memoria della montagna”, come dice il narratore. Montagna, che sostanzialmente, rappresenta la coscienza di Marta e Livio e che permette loro di scoprirsi vicendevolmente. Entrambi hanno in comune il viaggio verso la terra di origine, essendo essi vissuti lontani da Nardodipace (Marta a Tornio, Livio all'estero). Inoltre, tutti e due fanno sogni non facilmente decifrabili mentre si trovano all'ombra delle pietre accastellate. Il mondo onirico dei due protagonisti si sviluppa parallelamente a quello reale, intrecciando le loro vite in un crescendo di sensazioni e sentimenti. Qui comincia la suspense. Cosa hanno in comune i due personaggi? Quale elemento magico o segreto li lega?
Il ritmo della narrazione diventa incalzante e il libro si legge tutto d'un fiato. Questo romanzo è anche un detective-story in cui non manca il colpo di scena, ossia l'improvvisa rivelazione di una verità inaspettata.
Vi suggerisco di leggere il romanzo non solo per scoprire come andrà a finire, ma soprattutto per il piacere che la lettura di un buon libro, può offrire a chi vuole viaggiare con la mente.
Elisabetta Amato