"POLITICA E TASSE" - Fabrizia soffre
Una Tares da suicidio dell'economia
Anche ad occhio nudo non è affatto complicato notare che le tariffe della Tares del Comune di Fabrizia violano tutte le norme sia di legittimità che di buon senso. Tariffe assurde per un paese che oltre ad essere esentato dalle spese di spazzamento, giacché il servizio lo svolgono i lavoratori LSU ed LPU a costo zero, se si considera che da anni si sta attuando una raccolta differenziata alquanto efficiente. Essa è partita a titolo sperimentale nel decennio passato ed è stata definitivamente implementata e perfezionata col progetto regionale adottato dalla Commissione straordinaria nell'anno 2010, che tuttora funziona; con esclusione dell'umido che ancora sottostà ai vecchi sistemi del cassonetto.
Ciò dovrebbe stare a significare che i costi per lo smaltimento dovrebbero essere calati notevolmente, apportando benefici persino nel recupero di costi, grazie alla manovra del riciclo.
Invece non è così. Dalle tariffe deliberate, considerato il numero delle utenze censite, si presumono entrate per l'ente per circa 250.000 euro, senza contare che nel prospetto non compaiono censite e tariffate le case vuote. E si sa quante case occupate temporalmente o tenute a disposizione da soggetti non residenti, vi sono a Fabrizia.
Con le nostre tariffe teniamo testa alle città più care, come Reggio Calabria, Cagliari, Catania ed altre città siciliane. Per fortuna si osserva che i contribuenti super-tar-tassati stanno attivando i Tar, al fine di far rivisitare lo sconcio che si sta operando. L'indiscriminato aumento della TARES, non può sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratta all'obbligo della motivazione. Ad esempio, il Tar Calabria ritenendo l'imposizione tariffaria applicata dal Comune di Reggio Calabria del tutto generica e indiscriminata, ha chiesto chiarimenti circa le differenze impositive applicate tra le diverse tipologie di utenze e sul corretto rispetto del principio “chi inquina paga”. Si deve rifiutare la logica del contribuente “bancomat” e denunciare gli abusi ed anche la genericità della determinazione delle tariffe, come nel caso di Fabrizia. Nella delibera fissativa delle tariffe, infatti, non si fa alcun riferimento all'esistenza del piano economico finanziario; con ciò significando che le stesse sono state determinate arbitrariamente senza la predisposizione del necessario piano preventivo.
Già a giugno scorso il Comune ha fatto pagare ai cittadini “al buio” prima e seconda rata, in assenza di tariffe ed in palese contrasto con i rapporti e le garanzie previste dallo Statuto del contribuente (legge 212 del 2000), ignorando il “principio della leale collaborazione e della buona fede”.
La cosa più grave è che non ha neppure tenuto conto che una tassa con cifre così elevate, soprattutto per le attività economiche, rappresenta un attacco alla vita stessa della magra economia fabriziese. Qualora l'amministrazione non dovesse rispondere al grido d'allarme propagatosi soprattutto e giustamente fra gli esercenti e lavoratori autonomi, questi saranno costretti a contrastare gli abusi e difendere le proprie magre risorse volgendo l'interesse alle procedure di class action promossa dalle apposite associazioni.
Moltissimi sono i Comuni che hanno contenuto nei limiti accettabili la Tares, sia del Sud che del Nord (addirittura Varese abbassa le tariffe del 2,9%) ma Fabrizia non è tra quelli.
Infine, non si capisce perché il Comune non abbia proprio considerato, come molti hanno fatto, di sfruttare la possibilità offerta dal D.L. 31 agosto 2013, n. 102. È consentito, infatti, per l'anno 2013, determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012 con riferimento al regime di prelievo in vigore in tale anno, salvo la maggiorazione dello 0,30 già pagata lo scorso dicembre-gennaio. Sarà stata ignorata in funzione della possibilità di redigere un bilancio più ricco? Allora occorre ribadire il concetto che i cittadini sono allo stremo, perché le tasse hanno svuotato di liquidità qualsiasi “bancomat”.
Maria Cirillo
14 marzo 2014
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